28.01.2025 – Legambiente: non sono le rinnovabili i nemici del paesaggio, dell’agricoltura e del turismo, ma la crisi climatica innescata dalle fonti fossili e che provoca danni e trasformazioni irreversibili sui nostri territori. L’Associazione lancia un appello ai Sindaci
- data Gennaio 28, 2025
- autore ufficiostampa
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In questi giorni di piogge abbondanti, dopo una lunga stagione di siccità che ha messo a dura prova sia il comparto agricolo e zootecnico, sia migliaia di cittadini costretti a sopportare estenuanti turnazioni nell’erogazione idrica, stiamo assistendo ancora una volta al manifestarsi di eventi estremi: alluvioni, mareggiate, tempeste e cicloni mediterranei stanno provocando danni rilevanti a beni e servizi infrastrutturali, sia pubblici che privati.
Solo nel 2024, nel nostro Paese, si sono registrati oltre 2000 eventi estremi, tutti riconducibili a una matrice comune: la manifestazione naturale e violenta degli effetti dei cambiamenti climatici, alimentati dai nostri modelli di produzione e consumo di energia, ancora oggi basati sulle fonti fossili.
Diversi studi stimano perdite ingenti nei settori agricolo e turistico, se non si interviene rapidamente per azzerare le emissioni di CO2. Solo nella stagione appena trascorsa, il settore agricolo siciliano ha denunciato perdite per oltre 3 miliardi di euro, mentre i danni causati dagli eventi estremi in queste ultime settimane ammontano ad oltre 70milioni di euro. Ma le stime delle future perdite sono da bollettino rosso. Secondo quanto previsto dal Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, a causa della inazione climatica, entro il 2050 i danni nella produzione agricola potrebbe variare, da 12,5 miliardi di euro annui, nello scenario più ottimistico, a oltre 30 miliardi nello scenario peggiore. Mentre nel settore turistico vengono stimati perdite comprese tra 17 e 52 miliardi di euro.
Non sono le rinnovabili a minacciare il paesaggio naturale, agricolo e culturale, ma è, e sarà, la crisi climatica stessa – proprio la forza della natura, come accadde 57 anni fa nel Belice con il terremoto – che rischia di distruggere la bellezza dei luoghi.
Oggi in Sicilia, il 65% della produzione di energia elettrica è generata da centrali termoelettriche, che bruciano combustibili fossili.
Le fonti rinnovabili installate nel nostro territorio sono poco meno di 4,5 GW, molto lontano, quindi, dal contributo che dovrebbe dare la regione per il raggiungimento degli obiettivi nazionali e, soprattutto, di quelli fissati dagli accordi di Parigi, necessari per decarbonizzare il nostro sistema elettrico e azzerarne le emissioni climalteranti.
Secondo quanto previsto dal decreto sulle aree idonee, entro il 2030 dovremmo installare nella nostra regione altri 8,7 GW da impianti da FER e, per essere in linea con gli accordi di Parigi, almeno ulteriori 13 GW entro il 2035.
È evidente che la loro diffusione nel nostro territorio comporterà delle trasformazioni del paesaggio, che tuttavia saranno reversibili, a differenza di quelle causate dai cambiamenti climatici che non potranno che essere permanenti.
Ma sarebbe un errore gravissimo pensare di fermarle e contrastare queste installazioni chiedendo moratorie sulla loro realizzazione, paventando improbabili devastazioni paesaggistiche e presunte cancellazioni di identità culturali e vocazioni agricole, appellandosi a obiettivi energetici già raggiunti o abbondantemente superati (sarebbero sufficienti quindi solo le autorizzazioni o i pareri favorevoli della CTS?).
Gli impianti da FER, attraverso una progettazione attenta alla qualità del paesaggio urbano, agricolo e industriale, e con il coinvolgimento attivo delle comunità locali, possono non solo contribuire a difendere le colture e la biodiversità dagli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche arricchire e qualificare l’identità culturale, paesaggistica e sociale di un territorio.
Oggi abbiamo a disposizione conoscenze, strumenti e visione per guidare un’evoluzione culturale tanto necessaria quanto affascinante, quale quella dei “paesaggi rinnovabili” che riflette il contesto sociale, politico e culturale in cui viene creata.
Ci rivolgiamo pertanto ai sindaci, quelli dell’appello e non solo, perché promuovano un dialogo sui territori per preparare un terreno fertile per un disegno di legge, quello delle aree idonee e non idonee, che non nasce per bloccare le rinnovabili ma per accelerarne la diffusione.
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