Comuni ricicloni 2007


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Due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti prodotte ogni anno in Sicilia, scarsissimi progressi nella raccolta differenziata, impianti intermedi di selezione e compostaggio quasi inesistenti ed una gestione economica fallimentare. L’emergenza rifiuti nell’Isola è una bomba ad orologeria che, una volta esplosa, trasformerà la Sicilia in un secondo caso Campania.

Dopo il fallimento del “piano per la termovalorizzazione”, la Regione non ha ancora capito, o non vuole capire, che la strada da percorrere si chiama raccolta differenziata.

Al contrario, per lo smaltimento dei rifiuti, è stata rispolverata l’antica soluzione delle discariche che, sono poche e mal funzionanti. Un’inversione di rotta che porterà ad aumentare, da 18 a 21, i siti di raccolta esistenti in Sicilia. La loro attuale capienza, infatti, prevede una saturazione entro la fine del 2008. E così le discariche, che hanno raggiunto un costo di 60 milioni di euro e che dovevano essere solo una tappa intermedia per lo smaltimento, sono l’elemento finale del ciclo.

Chi, oggi, prova ad analizzare il Piano dei rifiuti siciliano si accorge che. L’ex governatore Totò Cuffaro è stato incapace di predisporre un ciclo integrato dei rifiuti coerente con le norme nazionali ed europee tanto che sia la Corte dei Conti che il Parlamento ha bocciato il suo operato come si evince chiaramente dalle conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse, votate all’unanimità da tutti i partiti. Lo stato d’emergenza nella gestione commissariale è quindi diventata una prassi consolidata che dura da più di nove anni, finendo quindi per non avere più nulla di straordinario.

Va chiarito che il fallimento del “piano per la termovalorizzazione” non è una nostra opinione ma un dato di fatto visto che una sentenza della Corte di giustizia europea ha sancito l’illegittimità della procedura seguita nell’affidamento del servizio alle quattro ATI che si sono aggiudicate la gara, imponendone l’annullamento. La Commissione d’inchiesta parlamentare stigmatizza l’atteggiamento dell’Agenzia regionale che deve ottemperare alla sentenza inappellabile e a invece ad oggi cercato vanamente escamotage per eluderla. E ancora oggi si stanno completando le procedure autorizzative pur sapendo che tutto questo verrà vanificato dall’annullamento della gara. Gara che peraltro ha spinto sia la Corte dei Conti che il Parlamento a sottolineare il rischio d’infiltrazioni mafiose sia per l’evidente permeabilità del modello prescelto, sia per la circostanza che una delle ditte aggiudicatarie è stata travolta proprio da una inchiesta per associazione mafiosa.

Non dobbiamo dimenticare, inoltre, la che dei quattro termovalorizzatori previsti in Sicilia, che ha fatto emergere gli intrecci tra mala politica, mafia, affari sporchi, incompetenza e speculazione.

Se si riflette sul fatto che risale al 1997 il decreto Ronchi con il quale l’Italia ha recepito le direttive europee e che mette al centro della gestione integrata la riduzione della produzione e il recupero dei rifiuti, destinando alla termovalorizzazione solo ciò che non può essere riciclato diversamente, ci si trova costretti a misurarsi con l’oggettivo fallimento della nostra regione.

I dati delle ultime due edizioni regionali di Comuni ricicloni, parlano chiaro. Nella raccolta differenziata nessun capoluogo di provincia raggiunge la soglia del 15%. Un esempio su tutti: Palermo che si ferma al 7,8 per cento, un risultato ben lontano da quella soglia del 35 per cento che, secondo lo stesso piano rifiuti, dovrebbe essere raggiunta entro il 2008, cioè quest’anno.

La politica dell’Isola è invece caratterizzata dallo spreco. Basti pensare agli Ato nati come funghi, e che in pochi anni hanno fatto centinaia di neo-assunti e circa 500 milioni di debiti. La legge per ridurli da 27 a 14 è rimasta lettera morta da un anno, mentre il buco di bilancio è cresciuto di mese in mese.

Questo sistema ha creato un aumento insostenibile per gli utenti finali, con una bolletta che è tra le più care d’Italia. E la ragione sta proprio nella scelta di non puntare sulla raccolta differenziata. Basta infatti guardare ai comuni italiani che raggiungono percentuali significative di raccolta differenziata per costatare come il costo della bolletta per famiglia vada da 150 a 180 euro, contro i 300-500 euro delle nostre città in cui sulla differenziata prevale oggi lo smaltimento in discarica e in prospettiva l’incenerimento. Nonostante il quadro non certo incoraggiante, però, anche in Sicilia da due anni stanno emergendo le esperienze di alcuni comuni ricicloni che remando contro corrente, con una normale e semplice raccolta differenziata ottengono dei buoni risultati.

Questi dati incoraggianti confermano un assunto che noi diamo per scontato: un altro Piano regionale per la gestione dei rifiuti, incentrato su riduzione, riuso, raccolta differenziata e riciclaggio dei materiali è possibile!

Però bisogna cambiare il modello culturale dei cittadini e soprattutto delle istituzioni promuovendo un’innovazione del sistema industriale che deve puntare a sostenere lo sviluppo di una filiera di imprese sostenibili.

Mimmo Fontana
Presidente Legambiente Sicilia

DOSSIER COMUNI RICICLONI 2007 PARTE 1

DOSSIER COMUNI RICICLONI 2007 PARTE 2

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