13.11.2014 – No trivelle. “Nel sottosuolo siciliano e nel nostro mare non c’è alcun tesoro nascosto”
- data Novembre 13, 2014
- autore ufficiostampa
- In COMUNICATI STAMPA
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“Quanto avvenuto ieri sera all’Ars chiarisce che anche in Sicilia la maggioranza dei parlamentari è sostanzialmente contraria alla corsa all’oro nero rilanciata con lo “Sblocca Italia” dal governo Renzi.
Si tratta di una idea di sviluppo molto vecchia, antistorica e per nulla conveniente. Le cifre – dichiarano Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia, e Claudio Conti, della segreteria regionale di Legambiente Sicilia – correttamente riportate anche dagli organi di stampa, a prima vista sembrano grandi. Se comparate ai consumi interni del nostro Paese, si dimostra facilmente che sono davvero poca cosa. Facciamo un esempio. Nel sottosuolo siciliano sono stimati circa 11.000.000 di tonnellate di petrolio, nel nostro Paese se ne consumano 59.000.000 in un solo anno. Tutto il petrolio siciliano potrebbe bastare per due mesi appena. Lo stesso dicasi per i giacimenti in mare, che basterebbero solo per 22 giorni.
Questa lettura comparata dei dati è l’unica possibile, tutte le altre sono scorrette e strumentali.
Nel sottosuolo siciliano e nel nostro mare non c’è alcun tesoro nascosto. Al contrario, c’è la concreta possibilità che alcune scelte del governo nazionale e di quello regionale, tese a sostenere gli interessi di alcune grandi aziende petrolifere, mettano a gravissimo rischio il futuro delle nostre coste e, quindi, del nostro futuro. Va, infatti, ricordato che le nuove autorizzazioni riguardano pozzi da scavare a profondità molto maggiori rispetto al passato. Profondità proibitive fino a poco tempo fa, per i maggiori costi d’estrazione e per i maggiori rischi d’incidente, sono oggi diventate remunerative grazie all’aumento del costo al barile del petrolio. Quelle odierne, sono profondità alle quali i livelli di sicurezza si abbassano enormemente, come insegna l’incidente occorso a una piattaforma della BP nel Golfo del Messico, nel 2011. Se dovesse capitare un simile incidente davanti alle nostre coste rischieremmo di perderle per alcuni secoli. É per tutte queste ragioni che esprimiamo grande soddisfazione per il voto di ieri in Aula, e torniamo a chiedere al presidente Crocetta di modificare le priorità dell’accordo sottoscritto con ENI su Gela. Per salvare i posti di lavoro non si può passare dalla svendita del nostro territorio, bisogna ribaltare la logica con cui ci si è mossi fino ad oggi. Si deve partire dalle bonifiche e dai processi di ambientalizzazione delle produzioni.
Nel nostro Paese – concludono Fontana e Conti – è in corso da anni una dura battaglia tra un passato industriale che ci sta portando verso il declino e nuove forme di produzione che stentano ad affermarsi a causa della totale assenza di una seria politica industriale. Speriamo che l’Italia e la Sicilia possano avere un futuro”.
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