04.03.2013 – Legambiente Sicilia al Presidente di Confindustria Sicilia: “Il maggiore costo di vendita sul mercato dell’energia prodotta in Sicilia dipende essenzialmente dalla vetustà del parco impianti. All’isola occorre un Piano Energetico e Ambientale degno di questo nome”
- data Marzo 04, 2013
- autore ufficiostampa
- In Energia
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Il Presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, prende spunto dalla notizia – riproposta per l’ennesima volta – che l’energia venduta nell’isola è più cara che nel resto del Paese, per sostenere che ciò negli ultimi 5 anni ha comportato un maggior costo di 3,5 miliardi di euro e che tale fatto dipende anche dai ritardi nella realizzazione dell’elettrodotto Sorgente / Rizziconi. Montante sollecita quindi a “trovare un punto d’incontro per sgombrare il campo dalle remore che ancora si frappongono alla realizzazione dell’elettrodotto”. Legambiente, contrariamente a quanto afferma Montante, pensa che questa notizia necessità di approfonditi commenti. Cominciando dal fatto che, come la stessa Autorità per l’energia ha correttamente precisato, il maggiore costo di vendita sul mercato dell’energia prodotta in Sicilia dipende essenzialmente dalla vetustà del parco impianti (Gela con il petcoke e Porto Empedocle, Milazzo, Augusta e Termini Imerese con l’olio combustibile) e lo sviluppo delle rinnovabili non è vincolato alla realizzazione dell’elettrodotto bensì ostacolato dalla mancata dismissione delle centrali più inquinanti e dalla inesistenza di smart greeds. Secondo Enzo Parisi, responsabile Industria Legambiente Sicilia “ci sono poi da considerare anche altri costi: quelli palesi come l’inefficienza della rete con gli annessi black-out, le perdite, lo scarso rendimento delle centrali, le onerose riserve fredde e quelli occulti che la comunità paga per contrastare l’inquinamento prodotto dagli impianti e curare i danni ambientali e sanitari. Senza dimenticare quelli legati all’uso distorto del CIP6 che, solo in Sicilia, ci è costato parecchi miliardi di euro negli ultimi anni per finanziare fonti le fossili piuttosto che le rinnovabili. Sulla strategicità di certe opere – continua – preferiamo essere cauti e, quando necessario, esprimiamo riserve e contrarietà. È ancora strategico il ponte sullo Stretto? Lo erano i 4 mega-inceneritori dell’era Cuffaro, lo sono i rigassificatori, i metanodotti, i campi di perforazione petrolifera in terra ed in mare?”
“Quello di cui ha bisogno la Sicilia – dice Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambinte Sicilia – è ben altro. E per cominciare serve un Piano Energetico e Ambientale degno di questo nome, serve che si smetta di decantare le fonti rinnovabili per poi sacrificarle in nome della sopravvivenza delle fonti termiche più inquinanti come, tanto per citarne una, il petcoke. Serve, infine, dare la precedenza nei crono-programmi alla tutela della salute, dell’ambiente e del territorio piuttosto che alla voglia di fare profitti economici. Non ci interessa però seguire Montante e la Confindustria sul terreno dei costi (altrimenti basterebbe chiedere loro di spiegare come mai in Sicilia – dove c’è il maggior numero di raffinerie e si raffina per il Paese la maggior parte del petrolio – la benzina costi ai siciliani più che altrove) ed il richiamo al buon senso riteniamo sia più utile rivolgerlo a quella parte del mondo industriale che non ha saputo o voluto contrastare i pessimi progetti – come quelli prima citati – di cui oggi paghiamo le spese. Ci interessa invece che la nostra regione adotti al più presto quei piani industriali e dell’energia che consentano di avviare un vero e profondo cambiamento dello scenario produttivo dell’isola, coniugando sapere con tutela del territorio e dell’ambiente, rendendo realtà concreta, sostenibile e diffusa le fonti rinnovabili, la loro produzione e distribuzione intelligente. Se si vuole si possono certamente – conclude Fontana – trovare punti di incontro per favorire il confronto e agevolare un equilibrato sviluppo infrastrutturale del Paese, per esempio, chiedendo tutti insieme l’introduzione nella normativa nazionale di forme avanzate di partecipazione come il “debat public” adottato dai francesi ed evitando di sottrarre – come spesso si tenta di fare in Sicilia – alla Valutazione Ambientale Strategica ed al dibattito con la collettività opere di grande rilevanza ed impatto”.
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