17.07.2015 – Goletta Verde. L’assalto delle compagnie petrolifere nel canale di Sicilia. Oltre 12mila kmq di mare sotto scacco della lobby dell’oro nero
- data Luglio 17, 2015
- autore ufficiostampa
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Oltre 12mila chilometri quadrati di mare nel Canale di Sicilia sotto scacco delle compagnie petrolifere. In tutt’Italia, a fronte quantitativi irrisori di greggio, si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine. Solo nel basso e medio Adriatico, nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia (le aree maggiormente interessate dia giacimenti petroliferi) sono infatti attivi 15 permessi di ricerca rilasciati (5.424 kmq), 44 richieste avanzate dalle compagnie per la ricerca (26.060 kmq) e 8 per la prospezione (97.275 kmq), oltre le 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio (558,7 kmq).
Sono questi i numeri della folle corsa all’oro nero frutto di una scellerata scelta in campo energetico del Governo italiano che sta letteralmente svendendo i nostri mari, senza tenere in alcun conto le preoccupazioni e le opposizioni delle comunità locali. Per questo dalla Goletta Verde, oggi in viaggio verso la Sicilia, arriva la bandiera nera per il premier Matteo Renzi, il poco ambito vessillo che Legambiente assegna ai nuovi “pirati del mare” che mettono a rischio il nostro mare e le nostre coste.
La minaccia del petrolio nel Canale di Sicilia non si ferma alle sole attività di ricerca, infatti il 16 aprile scorso è stato siglato il Decreto del ministero dell’ambiente n.68 che dà il nulla osta ambientale alla nuova piattaforma di Edison Vega B, che va ad aggiungersi ai pozzi petroliferi della Vega A, di fronte la costa ragusana.
Temi che saranno affrontati questa sera, in attesa dell’arrivo della Goletta Verde in Sicilia,ad Agrigento (ore 18, presso la sala Ercole dell’Hotel Costazzurra di Agrigento, viale dei Giardini, San Leone), dove si terrà un incontro sull’assalto delle compagnie petrolifere ai mari siciliani, nel corso del quale sarà presentato il dossier di Legambiente”#StopSeaDrilling – L’assalto delle trivelle nel canale di Sicilia”. Saranno presenti Serena Carpentieri, responsabile di Goletta Verde; Pasquale Amato, sindaco di Palma di Montechiaro; Fabrizio La Gaipa, presidente Consorzio Turistico Valle dei Templi; Mimmo Fontana, presidente Legambiente Sicilia; Claudia Casa, presidente circolo Rabat Legambiente Agrigento.
Questa mattina, invece, alla spiaggia della Playa di Licata tantissimi cittadini hanno partecipato al flash mob organizzato sulla spiaggia della Playa dando vita ad un grande girotondo con al centro lo striscione “No Oil – #StopSeaDrilling”.
“La classe politica siciliana, incapace di fare scelte strategiche in materia energetica, sta ormai ipotecando il futuro della Sicilia – afferma Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia -. Per i nostri governatori il problema sono le rinnovabili, e l’eolico in particolare, senza avere la minima percezione di quanto strategiche siano le politiche energetiche per il futuro di questa regione. Due anni fa l’accordo tra petrolieri e governo regionale per trivellare in ogni angolo della Sicilia, oggi a Ragusa, oltre alle piattaforme off-shore, si tenta addirittura di iniziare i lavori per spremere anche quelle poche gocce di petrolio del sottosuolo sfruttando la disperazione di lavoratori che temono per il disimpegno dell’ENI di Gela. Il Governo siciliano, al pari del Governo Renzi, continua a guardare al passato condannando la più grande piattaforma di energie rinnovabili del Mediterraneo, qual è la Sicilia, all’arretratezza e al sottosviluppo”.
Legambiente, insieme a una vasta coalizione internazionale dei Paesi che si affacciano sull’Adriatico e lo Ionio, ha lanciato proprio con la partenza della Goletta Verde da Rovigno (Croazia), l’iniziativa #StopSeaDrilling per chiedere al Governo di bloccare le nuove trivellazioni e alle regioni e alle comunità locali di fare fronte comune contro questa miope scelta energetica. Un’azione specifica riguarda anche la pericolosa tecnica dell’airgun utilizzata per la ricerca di petrolio e gas, che ha effetti devastanti sull’ambiente marino e sulle attività di pesca. L’appello #StopOilAirgun di Legambiente (www.change.org/stopoilairgun) sta per raggiungere le 37mila firme in appena due settimane.
“Oggi, con l’arrivo della Goletta Verde in Sicilia, assegniamo simbolicamente al presidente del consiglio Matteo Renzi la bandiera nera, per l’evidente deriva petrolifera che ha caratterizzato e caratterizza le scelte del suo Governo – afferma Serena Carpentieri, responsabile di Goletta Verde -. La consegna viene fatta non a caso dal Canale di Sicilia, una delle aree a maggior rischio trivellazioni, dopo decine di iniziative che, a partire dalla Croazia e fino al mar Ionio, hanno ospitato a bordo di Goletta Verde amministratori regionali e locali, sindaci, enti locali, aree protette marine e costiere, operatori turistici, balneari, pescatori, cittadini, che con il loro impegno e la loro voce hanno detto chiaramente no al petrolio e a una strategia energetica insensata e impattante. Fermare l’estrazione e la ricerca di petrolio è nell’interesse generale del Paese e di gran parte dei settori economici. Sostenerla e supportarla con norme ad hoc, come l’articolo 38 dello Sblocca Italia approvato a fine 2014, risponde solamente agli interessi delle compagnie petrolifere”.
I dati del dossier sull’assalto al mare siciliano
La produzione di greggio nel Canale di Sicilia per l’anno 2014 è stata di poco superiore a 232 milioni di tonnellate, corrispondenti al 31% della produzione nazionale in mare (che è stata nello stesso anno di 754 milioni di tonnellate), e pari solo al 4% della produzione totale nazionale (sia a terra che a mare). Nel 2015 invece la produzione raggiunta tra gennaio e aprile è stata di 77,5 milioni di tonnellate, inferiore rispetto ai quasi 81 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. In generale le estrazioni di greggio nel mar di Sicilia hanno subito un graduale rallentamento negli ultimi 5 anni: se infatti nel 2010 la produzione è stata di oltre 374 milioni di tonnellate, nel 2011 è scesa a circa 331 milioni di tonnellate, 289 milioni nel 2012, 301 nel 2013 e 232 nel 2014. Trend sicuramente decrescente che sembra confermarsi anche nel 2015.
È presente anche un’attività intensa di ricerca di idrocarburi in questo tratto di mare che non accenna a diminuire. Sono infatti oltre 12.553 i chilometri quadrati di mare sotto scacco delle compagnie petrolifere; nello specifico sono attive due istanze di prospezione in mare da parte della Schlumberger, attualmente in corso di valutazione ambientale, per un totale di oltre 6mila chilometri quadrati. Uno di questi è in fase di valutazione presso la commissione VIA e le osservazioni aperte al pubblico saranno possibili fino al 25 luglio prossimo. Legambiente insieme al comitato Stoppa la Piattaforma aveva già presentato nell’ottobre dello scorso anno delle osservazioni da cui emergevano chiaramente delle lacune sullo studio presentato e delle perplessità in merito alle due istanze in oggetto.
Sono invece 8 le istanze di permesso di ricerca attive nel canale di Sicilia per un totale di quasi 3.600 chilometri quadrati di mare; una di queste, la d359 CR-TU della Nautical Petroleum insieme alla Transunion P. Italia – il cui progetto prevede l’acquisizione di 100 Km di linee sismiche con la tecnica dell’airgun – ha ricevuto il decreto di VIA positivo da parte del Ministero dell’Ambiente il 12 giugno scorso. Sempre la Transunion Petroleum Italia ha presentato anche un’altra richiesta di permesso di ricerca denominato d 361 C.R. TU. L’area di ricerca è localizzata di fronte la costa compresa tra Scoglitti e Plaia Grande, nel ragusano, a meno di 5 miglia dalla terraferma. I comuni interessati sono Gela, Acate, Vittoria, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli e Modica. Un’area di alto pregio ambientale come dimostra la presenza di numerosi siti di importanza comunitaria, Zone di protezione speciale e alle aree archeologiche di Kamarina e Kaucana.
I permessi di ricerca rilasciati sono invece 6, per un totale di 2.548 kmq, e riguardano le porzioni di mare a largo di Pachino e Ragusa. Cinque di questi sei permessi, anche se attivi, sono al momento sospesi. Sono invece 2 le richieste di concessione di coltivazione attive, di proprietà Edison – Agip ed Eni – rispettivamente a sud di Pantelleria e a largo di Licata – per un totale di 314,3 kmq. L’area è oggetto di attività anche da parte delle grandi compagnie nazionali, come nel caso dell’«offshore ibleo» il progetto di trivellazione in mare di ENI ed Edison. Il progetto prevede otto pozzi, di cui due “esplorativi”, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa delle province di Caltanissetta, Agrigento e Ragusa. Come ultimo tentativo di fermare questa attività Greenpeace, Legambiente e WWF hanno deciso, nelle scorse settimane, di appellarsi al Consiglio di Stato rispetto alla decisione del TAR del Lazio di respingere il ricorso che le associazioni ambientaliste e amministrazioni locali avevano presentato contro questo progetto, perché è stata sancita la compatibilità ambientale senza che venissero nemmeno definiti – e tanto meno valutati – gli scenari di rischio rilevante e le possibili conseguenze.
Anche per quanto riguarda lanuova piattaforma di Edison Vega B, molte sono le perplessità sia sugli aspetti ambientali e le conseguenze che tale attività comporterebbe, che su quelli procedurali. L’area dove dovrà essere ubicata rientra infatti all’interno delle 12 miglia, la fascia di fronte la costa interdetta per i nuovi impianti (come inizialmente previsto dal Dlgs 128/2010). Interdizione che però oggi, dopo l’approvazione dell’articolo 35 del decreto sviluppo del giugno 2012, vale solo per le nuove richieste. Aspetto quanto mai discutibile, visto che l’interdizione nasce con l’obiettivo di tutela ambientale, non si capisce secondo quale principio si debba permettere la realizzazione di una piattaforma nell’area interdetta. Tanto più che l’attuale progetto della Vega B è stato presentato dopo l’approvazione di tali vincoli, anche se la società proponente fa leva sul fatto che il programma di sviluppo che la prevedeva risale al 1984. Dimenticando, però, che doveva realizzarla allora, e solo dopo trent’anni se ne ricorda. Altro aspetto importante è anche quello relativo alla sicurezza. Infatti un eventuale incidente potrebbe causare danni alle coste siciliane incalcolabili dal punto di vista ambientale, sebbene gli esperti delle compagnie insistono sul fatto che un eventuale incidente sarebbe altamente improbabile. Approccio alquanto discutibile per valutare correttamente la questione e le conseguenze che un eventuale incidente possa avere sulle coste e sul mare.
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