22.07.2014 – Eni a Gela ripeta l’esperienza di Porto Torres
- data Luglio 22, 2014
- autore ufficiostampa
- In COMUNICATI STAMPA
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“Le continue deroghe, come l’ultima ottenuta dall’Eni di Gela, non sono mai servite a salvare le produzioni, non più remunerative. Nel migliore dei casi hanno semplicemente allungato l’agonia di impianti destinati alla chiusura”. Lo dichiara Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia che continua: “Solo qualche mese fa, l’ex amministratore delegato di Eni, Scaroni, definiva l’impianto di Gela un cadavere industriale che in qualunque altro paese sarebbe stato chiuso. Era, quindi, facile prevedere che Eni non avrebbe garantito gli investimenti promessi. Se si vogliono difendere davvero i posti di lavoro – conclude Fontana – vale la pena di pretendere da Eni investimenti per nuove produzioni sostenibili ambientalmente ed economicamente, come ha già fatto in altre regioni d’Italia, piuttosto che insistere su una strada senza sbocchi”.
In questo paese di bonifiche realizzate se ne vedono davvero poche ma alcuni processi di riconversione industriale cominciano a concretizzarsi: basti pensare alla bioraffineria per la produzione di biocarburanti di seconda generazione di Crescentino (Vc) inaugurata qualche mese fa dall’azienda Mossi e Ghisolfi o alla bioraffineria in costruzione a Porto Torres da Eni/Versalis e Novamont in sostituzione del vecchio e inquinante petrolchimico. Questo è l’esempio che deve seguire Eni per affrontare in modo duraturo l’emergenza cronica di Gela.
Se non decollerà il settore delle bonifiche, non riusciremo a trasformare concretamente il sistema produttivo italiano facendolo entrare a pieno titolo nella green economy. Innovazione nei processi e nei prodotti, ricerca, integrazione con le filiere locali e con i territori, bonifica dai veleni del passato, riconversione dei siti produttivi dismessi per non consumare ulteriore suolo, sono le ricette da mettere in campo per nobilitare e preservare il manifatturiero made in Italy dalle minacce di una globalizzazione dei mercati che ormai taglia fuori il modello novecentesco di produzione.
“Il mondo industriale deve fare la sua parte – conclude Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente -. È fondamentale sostenere i progetti di ricerca e sviluppo di oggi per quelle innovazioni tecnologiche che daranno vita ai manufatti di domani. Paradossalmente le produzioni italiane in diversi casi sono state minacciate più dalla pigrizia innovativa delle aziende che dalle pressioni del popolo inquinato. Allora per voltare davvero pagina il sistema produttivo del nostro Paese metta in campo azioni concrete sul territorio che vadano nella direzione di una progressiva riduzione degli impatti ambientali. Bonifichi in tempi non geologici i suoli e le falde inquinate da anni di lavorazioni, mettendo in campo a tal proposito adeguate risorse economiche ed umane. Investa in tecnologie sempre più pulite per produrre beni sempre più innovativi, di elevata qualità ambientale e a basso contenuto di carbonio. Solo così potremo far convivere in modo sereno e duraturo produzioni e comunità locali, risanando le gravi distorsioni di uno sviluppo corsaro e distruttivo, che ha reso inutilizzabili intere aree del paese, creando piuttosto quell’auspicabile equilibrio tra ambiente, salute e lavoro che chiediamo imperterriti ormai dagli anni ’80 e che può dare una risposta ai bisogni di salute e di qualità dei territori e aprire un prospettiva concreta di lavoro e di sviluppo”.
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