10.04.2014 – Bonifiche dei siti inquinati. Chimera o realtà?
- data Aprile 09, 2014
- autore ufficiostampa
- In COMUNICATI STAMPA
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La storia del risanamento in Italia sembra ferma a decenni fa nonostante gli effetti dei vecchi e nuovi eco-crimini sull’ambiente, sulla qualità della vita e sulla salute delle persone siano una drammatica attualità. La Sicilia non fa eccezione, anzi! Nei tre Siti d’Interesse Nazionale di Priolo, Gela e Milazzo negli anni si sono accumulati enormi ritardi a fronte di impatti sanitari inaccettabili, così come testimoniano autorevoli studi epidemiologici condotti dall’Istituto Superiore di Sanità unitamente agli organismi territoriali. È del tutto evidente che le varie strutture commissariali succedutesi nel tempo (ed il Ministero dell’Ambiente con la società pubblica Sogesid SpA) non hanno svolto in maniera efficace il proprio compito, gestendo in maniera non adeguata gli incarichi e le risorse conferitegli. Vediamo nel dettaglio cos’è accaduto nel nostro territorio.
IL SIN DI PRIOLO
Breve introduzione e descrizione dell’insediamento
Il Sito di Interesse Nazionale di Priolo Gargallo è stato istituito attraverso la legge 426/1998. Con il decreto del 10 gennaio del 2000 il sito viene perimetrato: 5.815 ha sulla terraferma e 10.085 ha a mare. Il sito si estende lungo la costa sud orientale della Sicilia affacciandosi al mare per circa 30 km e comprende i comuni di Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa. La tipologia di impianti presenti nell’area industriale sono di carattere chimico e petrolchimico (prevalentemente raffinerie), ma anche cementerie, un inceneritore per rifiuti speciali pericolosi, centrali termoelettriche, un depuratore di reflui industriali, discariche, l’impianto dismesso di trattamento/lavorazione amianto della ex Eternit, l’impianto Cloro- Soda della ex Enichem e l’area portuale. Tra le società che nel corso del secolo scorso hanno occupato l’area industriale ci sono la Rasiom della famiglia Moratti, che fu la prima a insidiarsi, alla quale successivamente si sono aggiunte Esso, Montedison, Erg e Liquichimica. Le sostanze ed i materiali pericolosi che maggiormente hanno contaminato il suolo sono gli idrocarburi, l’amianto e rilevanti quantità di ceneri di pirite diffusi lungo la linea di costa; per le acque superficiali sono state le sostanze organiche a determinare le maggiori criticità, mentre per le acque di falda sono stati i cloruri. Le acque marine e i sedimenti della Rada di Augusta, della penisola di Magnisi, nonché del Porto Grande e Porto Piccolo di Siracusa, sono stati principalmente inquinati da petrolio, metalli pesanti (mercurio e piombo), idrocarburi pesanti ed esaclorobenzene; queste sostanze hanno causato, tra le altre cose, fenomeni di eutrofizzazione diffusa e alterazioni nella catena alimentare. Altre problematiche correlabili direttamente alle attività industriali presenti sul territorio sono quelle relative alla scadente qualità dell’aria, dovuta alle significative emissioni provenienti principalmente dal polo petrolchimico, e dall’alterazione e impoverimento della falda idrica, dovuta alla pressione di emungimento delle industrie nel corso degli anni.
In un contesto del genere non poteva che emergere una forte crisi sanitaria, come testimoniato dallo studio “Sentieri”, che per l’area del sito di Priolo Gargallo ha rilevato “un eccesso di mortalità per tutte le cause e per tutti i tumori” ed ha evidenziato come sarebbe opportuno acquisire nuovi dati sulla situazione ambientale dell’area e sull’esposizione in ambiente occupazionale. Sarebbero necessari anche ulteriori studi sulla prevalenza di malattie respiratorie e di malformazioni nella popolazione di età pediatrica.
Avanzamento dell’istruttoria di bonifica
Nel giugno del 2004 è stato siglato l’Accordo di Programma Quadro per il risanamento delle aree contaminate nel SIN di Priolo. Nel 2005 si è giunti alla sottoscrizione del primo atto integrativo all’APQ precedente. Sono stati stanziati in totale 64 milioni di euro di cui quasi il 90% risultano ad oggi erogati: questi soldi sono serviti in particolare per i piani di caratterizzazione della Rada di Augusta, la bonifica dell’ex Eternit, della penisola Magnisi e dei porti Grande e Piccolo di Siracusa. Gli interventi previsti dall’Accordo di Programma risultano quindi in fase di avanzamento.
Da sottolineare che:
– l’area ex Eternit è stata messa in sicurezza con la rimozione dell’amianto ancora giacente nei capannoni, ma non è stata ancora fatta la bonifica definitiva.
– la rimozione delle ceneri di pirite dalla penisola di Magnisi non è stata fatta poiché la ditta vincitrice dell’appalto ha sospeso i lavori a causa della nuova classificazione del rifiuto.
Da tempo Legambiente denuncia che, dopo anni di abbandono, l’incuria e le condizioni climatiche avevano strappato i teloni di copertura dai cumuli e le ceneri venivano disperse sui bagnanti. A seguito di ciò la magistratura siracusana ha posto sotto sequestro l’area di Magnisi, il secondo campo sportivo di Priolo (il primo era stato bonificato) e recentemente anche quello di Augusta – tutti realizzati negli anni ’60 e ’70 con le ceneri di pirite. Nel novembre 2008 è stato siglato un altro Accordo di Programma Quadro che prevedeva in una prima fase la messa in sicurezza della falda acquifera e la bonifica della Rada di Augusta e del Porto Piccolo e Grande di Siracusa per un totale di 106.800.000 euro. I progetti definitivi del primo stralcio sono stati approvati nel 2011 dal MATTM, mentre risulta ancora in corso il progetto definitivo per la bonifica della falda. A causa del forte inquinamento in cui versa una specifica porzione della rada di Augusta (individuata dal consulente tecnico d’ufficio (CTU) incaricato dalla Procura della Repubblica), è stata avviata anche la progettazione per la sua bonifica. Tra gli altri interventi conclusi nella caratterizzazione ci sono i sedimenti del fiume Anapo, Cian e delle Saline di Siracusa. Nel tratto compreso tra la diga foranea e il pontile esterno e per le aree che si affacciano sull’area marina prioritaria (Erg Raffinerie Mediterranee, Syndial, Polimeri Europa, Dow Poliuretani, Cementeria Buzzi Unicem) è stato richiesta un’integrazione del progetto definitivo delle acque di falda, nella Conferenza dei Servizi decisoria del 21 luglio 2006. Attraverso il decreto del 24/07/2007 è stato approvato il progetto di bonifica di “Piano S. Francesco – c.da Mortilli” che prevede la bonifica dei suoli contaminati da idrocarburi. All’Enel di Priolo è stato approvato il progetto definitivo della bonifica delle acque di falda con un’opera di marginamento fisico in prossimità dello stabilimento, attraverso il decreto del 7 maggio 2008. Anche la ERG ha trasmesso studi di fattibilità per opere di marginamento fisico delle acque di falda da realizzare in prossimità degli stabilimenti Isab Sud, Isab Energy e Isab Nord.
L’Industria Acqua Siracusana S.p.A. ha trasmesso il progetto per la bonifica delle acque di falda del depuratore consortile IAS. Nelle discariche di tale stabilimento sono stoccati circa 270.000 t di fanghi che hanno determinato l’inquinamento della falda. Questi prodotti vengono trasferiti attraverso delle navi dal porto di Augusta a Mordeijk in Olanda, esempio di un’operazione dai costi titanici e dell’incapacità di applicare ed essere all’avanguardia nelle tecnologie che permettono di affrontare il problema sul posto, inertizzando e riutilizzando i rifiuti. Tale operazione si è conclusa nel corso del 2013. Secondo i dati del Ministero dell’ambiente, aggiornati a marzo 2013, la caratterizzazione è stata eseguita per il 40% delle aree e sono stati presentati ed approvati progetti di bonifica appena per il 20% dell’area ricompresa nel SIN.
Fino ad oggi sono 4 i certificati di avvenuta bonifica emessi dalla provincia di Siracusa relativamente alle seguenti zone:
– ERG MED – Impianti Nord “CR 40”
– ERG MED – Impianti Nord “Impianto I Idrogeno”
– ERG Nuove Centrali – Area XXII
– Centrale Termoelettrica ENEL “TIFEO” di Augusta (certificazioni multiple per lotti)
Criticità emerse
Enormi ritardi si sono accumulati negli anni a fronte di un rischio sanitario molto elevato; lo studio “Sentieri” ritiene di vitale importanza un veritiero approfondimento dello stato di inquinamento e dell’esposizione dell’area, considerando quindi inadeguate le indagini fin qui condotte. La struttura commissariale non ha svolto in maniera efficace il proprio compito, gestendo in maniera non adeguata gli incarichi e le risorse conferitegli.
Recentemente, dopo le denunce di Legambiente per le ceneri di pirite di Magnisi, le interrogazioni al Ministro dell’Ambiente e al governo regionale, l’assessore all’energia e ai rifiuti Marino, insieme al commissario per le bonifiche Lupo, hanno incontrato l’Arpa Sicilia, i sindaci ed i parlamentari locali presso la Prefettura di Siracusa, assicurando che i fondi per le bonifiche non andranno perduti e che presto inizieranno i lavori. Perplessità rimangono sul reale utilizzo di suddetti fondi: se venissero spesi per il solo dragaggio di una parte del Porto di Augusta, dando il via ai lavori di ampliamento del porto commerciale (che punta ad uno sviluppo del traffico containers basato su proiezioni rivedibili e con conseguenze ambientali disastrose come la copertura di 300.000 m2 di area umida), sarebbe un’ulteriore beffa per Augusta e per la salute dei suoi cittadini, che avrebbero diritto finalmente ad una reale bonifica del territorio nell’interesse di tutti e non solo di pochi.
Altre problematiche irrisolte riguardano il vecchio impianto Cloro-Soda che, nonostante la rimozione del mercurio, non risulta essere ancora bonificato, e la bonifica della falda: per questa infatti, nonostante siano state realizzate delle barriere idrauliche in zona ex Eni ed Enel Augusta per captare le acque di falda inquinate e impedire che giungano a contaminare il mare, è scoppiata – ed è attualmente in corso da circa un anno – una grave emergenza pozzi, che risultano inquinati da idrocarburi in località Città Giardino (frazione del comune di Melilli ma alle porte di Siracusa). Non si capisce come mai, nonostante la relazione Pecorella dica che il 20% dei progetti è stato approvato, non si proceda con le fasi successive dell’iter di bonifica: le aziende dicono di avere inviato da lungo tempo i progetti di bonifica al Ministero e sono in attesa di approvazione. Il Ministero dell’ambiente, durante l’incontro a Mantova con i comuni che hanno un SIN sul proprio territorio, sostiene invece che i progetti sono approvati ma le aziende non li attuano e non ci sono strumenti legislativi per perseguirle. E su questo stallo dialettico si stanno infrangendo le speranze di un’intera popolazione incredula ai propri occhi. Per quanto riguarda l’inquinamento dei fondali dell’area marina, l’indagine della magistratura siracusana denominata “Operazione Mar Rosso” del gennaio 2003 – operazione che vide l’arresto di 17 dirigenti e operatori dell’impianto ex Enichem (ora Syndial) con l’accusa di aver sversato direttamente in mare attraverso la rete fognaria il mercurio delle lavorazioni industriali che avvenivano nel famigerato impianto Cloro-Soda – si è risolta con un nulla di fatto e con l’archiviazione del caso da parte del GIP nel 2006. Un’indagine giudiziaria di poco successiva a quella del 2003, riguardante la Montedison (proprietaria dell’area prima dell’Enichem), sospettata di aver sversato a mare oltre 500 tonnellate di mercurio tra il 1958 e il 1991, aveva infatti determinato il venir meno delle accuse di “associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti pericolosi contenenti mercurio” nei confronti degli imputati dell’ex Enichem. A ciò si aggiunga che la “ragionevole incertezza” sulla individuazione dei responsabili dell’inquinamento delle acque e dei fondali marini, con le conseguenti diverse sentenze del Tar che sancivano l’impossibilità di stabilire in maniera inequivocabile chi avesse inquinato e in che proporzione – e pertanto di ripartire correttamente gli oneri dei costi della bonifica – ha vanificato i tentativi (non sempre chiari e condivisibili) del Ministero dell’ambiente di prescrivere le opere di bonifica a carico delle aziende, nonostante il più volte richiamato principio europeo del “chi inquina paga”.
IL SIN DI GELA
Breve introduzione e descrizione dell’insediamento
A Gela (CL) viene istituito un Sito di Interesse Nazionale (SIN) con la legge 426 del 1998. L’area comprende 5.955 ha circa di cui 795 ha sulla terra e circa 4.560 ha in mare, perimetrati con il decreto ministeriale del 10 gennaio del 2000. L’area ricade a ridosso del centro abitato, che si è sviluppato nel corso degli anni in funzione dello sviluppo del polo industriale che si andava via via costruendo. Gli impianti che hanno causato l’inquinamento appartengono a diverse categorie:
– impianti petrolchimici e raffinerie (due impianti di distillazione atmosferica ed uno sottovuoto, due coking, un impianto per il cracking catalitico ed uno di alchilazione, solo per citarne alcuni), appartenenti all’Agip Petroli, Eni – divisione Agip -, Sviluppo Sardegna, Syndial e Polimeri Europa (entrambe ex Enichem);
– una centrale termoelettrica da 262 MW alimentata a petcoke, che alimenta gli impianti della raffineria;
– impianti chimici appartenenti alla ISAF e alla Polimeri Europa.
Tra le aree di competenza pubblica spiccano le discariche di rifiuti urbani, le aree marine, le foci dei corsi d’acqua del fiume Gela e dei torrenti Gattano e Acate. C’è poi anche l’area umida della Riserva del Lago Biviere tra le aree pubbliche che presentano maggiori criticità.
Il suolo e le acque di falda del Polo Petrolchimico sono le matrici che maggiormente hanno risentito dell’impatto di questi stabilimenti, poiché hanno sversato e messo in circolazione metalli pesanti (arsenico, selenio, mercurio, nichel, piombo, cadmio, ferro e manganese), idrocarburi aromatici, composti clorurati cancerogeni, ammoniaca, benzene, toluene e policlorobifenili (PCB). Non possono essere trascurate inoltre le contaminazioni dell’area marina costiera che, oltre allo sversamento delle acque di processo e di raffreddamento derivanti dalle lavorazioni del polo industriale, hanno manifestato anche la presenza di scarichi civili non depurati e reflui delle attività portuali; inoltre sul territorio insiste una discarica di fosfogessi tra le più grandi d’Europa.
Avanzamento dell’istruttoria di bonifica
Già nel dicembre del 1990 l’area era stata dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale e con il decreto del presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995 è stato approvato il Piano di disinquinamento per il risanamento ambientale e poi, come già detto, con la legge 426/98 Gela diventa uno dei primi quindici siti di interesse nazionale del Programma nazionale di bonifica. Il Piano di risanamento ambientale (un programma dall’iter molto tormentato tanto da non riuscire a spendere i soldi per oltre cinque anni) prevedeva un totale di 47 interventi, di cui 14 a carico delle aziende e 33 a carico dello Stato. Erano previsti, secondo il piano, interventi da parte dei privati: ammodernamenti e adeguamento di impianti alla legge 203/88, il mega-camino SNOx per l’abbattimento degli inquinanti dei fumi della centrale termoelettrica e qualche bonifica. Compresi nell’accordo anche gli interventi pubblici. In questo caso, più che alle bonifiche delle aree contaminate dalle attività industriali, si è puntato alla caratterizzazione e bonifica di un’ex discarica di rifiuti, alla realizzazione di fognature, al raddoppio di un depuratore di reflui e alla creazione di reti di rilevamento dell’inquinamento atmosferico.
Nel 2000 il Piano è stato commissariato e la sua realizzazione affidata al Prefetto di Caltanissetta. Oggi per il SIN di Gela, così come per gli altri siti da bonificare siciliani, c’è un Commissario straordinario, pur rimanendo in capo al Ministero dell’ambiente la titolarità dei procedimenti. Il commissario, nominato nel 2010 con un ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, è tuttora attivo ma non ha portato risultati molto efficaci, come si evince anche dalla relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura). In quest’ultima, nelle considerazioni di sintesi del capitolo dedicato alla Sicilia, viene riportato testualmente: “l’esperienza siciliana in materia di bonifiche è la prova lampante dell’assoluta inettitudine delle strutture commissariali ad affrontare le problematiche connesse alla bonifica dei siti inquinati e, in generale, all’ambiente”.
A 15 anni dall’istituzione del SIN di Gela il territorio è infatti ben lontano dall’essere bonificato. Come risulta dai dati forniti dal Ministero dell’ambiente aggiornati a marzo 2013: il 48,9% delle aree risultano in stato di messa in sicurezza, a fronte del 98% di aree per cui è stato eseguito e reso noto il piano di caratterizzazione delle matrici ambientali; per quanto riguarda i progetti di bonifica risultano presentati ed approvati per il 53,4% delle aree del sito.
Un quadro più dettagliato viene fornito dalla stessa Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura) con la relazione sulla bonifica dei siti inquinati di dicembre 2012. Nel corso degli anni sono state eseguite le caratterizzazioni ambientali dell’area marino costiera, della discarica di Idrocarburi di Biviere di Gela, della Discarica Cipolla (contrada Marabusca) e dei sedimenti dei Fiumi Gela e Dirillo, del torrente Gattano e del canale Valle Priolo:
– per l’area marino costiera le indagini di caratterizzazione della prima fase si sono svolte nei mesi di ottobre e novembre 2006, hanno avuto come obiettivo quello di monitorare i sedimenti marini e la matrice biota (attraverso analisi chimico fisiche), come previsto dal piano redatto dall’ex Icram (oggi Ispra). I risultati di tali indagini sono state trasmessi nel 2008 al Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti ed alla procura della Repubblica (che fu tra le prime a sollecitare l’esecuzione delle indagini) ma sono ancora soggette al segreto istruttorio;
– per la discarica di Idrocarburi di Biviere di Gela sono state previste indagini geofisiche, indagini geotecniche e ambientali per sottoporre ad analisi di tipo chimico le matrici suolo e acque di falda. Tali indagini servono per la messa in sicurezza della discarica in oggetto ed il progetto relativo è stato redatto ed approvato nell’aprile del 2010. L’inizio dei lavori risale a novembre 2011 ma non si hanno ancora informazioni sui risultati, elemento indispensabile per pianificare la messa in sicurezza del sito;
– i lavori per la messa in sicurezza di emergenza della discarica Cipolla sono stati appaltati nel 2011 e non sono ancora terminati e validati;
– le indagini e le caratterizzazioni sui sedimenti e sui campioni d’acqua prelevati, volti alla determinazione del grado di contaminazione dei corpi idrici in questione, doveva terminare nel 2012 ma ad oggi non ci sono ancora notizie in merito ai risultati delle analisi.
Per quanto riguarda gli aspetti giudiziari legati alle attività svolte nel SIN di Gela, la procura della Repubblica di Gela ha fornito alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura) informazioni in merito ad alcuni progetti di bonifica approvati: il “Progetto definitivo di bonifica e misure di sicurezza della VASCA A zona 2” e relative integrazioni e prescrizioni e il “Progetto definitivo di bonifica delle acque di falda dello stabilimento multisocietario di Gela”, entrambi a carico di Raffineria Gela SpA – Syndial SpA, che sono stati autorizzati tramite decreto ministeriale.
In merito a questi due progetti, nel corso dell’audizione alla Camera, è emerso che:
– Per il primo “sono state recentemente concluse le indagini preliminari con la contestazione di diverse ipotesi di reato inerenti violazioni del codice dell’ambiente e del codice penale per gravi fatti di inquinamento da sostanze pericolose classificate tossico–nocive causati da ingiustificati gravi ritardi nell’esecuzione dei lavori di bonifica e messa in sicurezza della vasca A zona 2 dell’area della vecchia discarica controllata dalla raffineria di Gela”.
– Per il secondo “sono in corso accertamenti relativi all’effettiva funzionalità delle misure adottate per la bonifica della falda acquifera, quali eventuali perduranti contaminazioni della falda da parte di serbatoi di stoccaggio della raffineria di Gela SpA ancora privi di doppio fondo ed in esercizio, nonché l’effettivo funzionamento delle barriere idrauliche e fisiche poste a protezione dell’ambiente marino, funzionamento di cui già in parte sono stati riscontrati punti critici nell’ambito degli accertamenti di cui al punto precedente”. Sempre tra i progetti approvati, il 4 agosto 2009 viene emesso un nuovo decreto ministeriale riguardante il “Progetto definitivo di bonifica per la messa in sicurezza permanente della Discarica Fosfogessi” presentata da Isaf SpA. Tale discarica ha visto stoccare i residui derivanti dalla produzione di fertilizzanti fosfatici, i fosfogessi per l’appunto, che derivano dalla lavorazione della fosforite, un minerale usato negli impianti chimici per la produzione di acido fosforico. La discarica di Gela si estende per 55 ha, in cui negli anni sono stati stoccati questi residui di lavorazione che contengono un basso grado di radioattività; lo spessore massimo di abbancamento ha raggiunto anche i 25 metri e, nonostante la discarica avesse una barriera idraulica per evitare la dispersione del percolato, il trattamento di questi materiali ha creato numerosi problemi tecnico normativi relativamente alla competenza e alla messa in sicurezza del sito. Dalla Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta emerge che “sono in via di definizione gli accertamenti relativi all’inquinamento causato dal riversamento del percolato nelle aree adiacenti e circostanti alla discarica”. Risulta anche che sono stati terminati i lavori di capping (copertura del tetto della discarica con materiale idoneo) e sono stati potenziati gli impianti di trattamento del percolato.
Tra gli altri progetti approvati:
– il primo febbraio 2010 si autorizzano i lavori a carico di Raffineria Gela SpA secondo il Progetto operativo di bonifica dell’area Nuova Unità Recupero Zolfo 2 e relative integrazioni e prescrizioni da parte di APAT;
– il primo febbraio 2010 si autorizzano anche i lavori a carico di Raffineria Gela S.p.A. secondo il Progetto operativo di bonifica dell’area Steam reforming e relative integrazioni;
– il 15 febbraio 2010 si autorizzano i lavori a carico di Raffineria Gela SpA secondo il Progetto operativo di bonifica dei suoli ai sensi del d.lgs. 152/06. Area nuovi serbatori S-111 ed S-112 e relative integrazioni e prescrizioni da parte di APAT;
– per questi ultimi tre progetti è in corso da parte della magistratura una serie di controlli ed attento monitoraggio “sulla corretta applicazione delle prescrizioni imposte con i relativi decreti di approvazione”.
Criticità emerse
Oltre agli aspetti ambientali, tra le preoccupazioni principali inerenti l’area di Gela ci sono sicuramente gli aspetti sanitari: gli enormi ritardi nell’eseguire una reale bonifica del territorio ha gravemente compromesso la situazione, come emerso anche dallo studio Sentieri, che ha evidenziato un eccesso di tumori polmonari, dello stomaco e della pleura. Finché non si provvederà a bonificare l’area e fermare le cause che la inquinano, la situazione non potrà che peggiorare. E proprio sulle attività di bonifica bisogna fare alcune considerazioni: il gruppo Eni per anni ha condotto nel sito di Gela una politica di dismissione degli impianti portandoli a fine vita, rinunciando non solo ad investire in miglioramento della produttività e delle performance ambientali ma anche ad una manutenzione ordinaria preventiva per la sicurezza degli impianti. Infatti per anni gli impianti vengono sottoposti alla sola manutenzione straordinaria, con conseguente aumento degli incidenti accaduti. Recentemente si è registrata un’inversione di tendenza, l’Eni infatti ha annunciato rilevanti investimenti per il risanamento e lo sviluppo dei suoi impianti. Poco tempo fa è stato inaugurato il deposito coperto pet-coke, grazie soprattutto all’attivismo della Procura della Repubblica di Gela, che ha “forzato” l’avvio di diversi interventi volti alla bonifica. Fermo restando la contrarietà della nostra associazione sulla scelta della centrale termoelettrica alimentata con pet-coke (alla base del sequestro del 2003 che fu superato con un intervento normativo dell’allora Governo Berlusconi con il pessimo decreto che trasformò il pet-coke da rifiuto a combustibile), preferendogli soluzioni alternative e progetti più evoluti e meno impattanti, come quello della degassificazione o del CTL (coal to liquid), guardiamo comunque con favore agli investimenti volti alla bonifica ed al miglioramento degli impatti, purché siano reali e non solo fogli di carta.
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