27 marzo 2014 – Parchi siciliani: gestioni scandalose e fallimentari
- data Marzo 27, 2014
- autore ufficiostampa
- In COMUNICATI STAMPA
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Finalmente qualcuno ha scoperto che i parchi siciliani sono oggi ridotti a stipendifici, con piante organiche drogate da stabilizzazioni e dalla presenza di figure non specializzate, di 3- 4 volte superiori a quelle di ben più efficienti parchi nazionali, con retribuzioni in alcuni casi scandalose come quelle del Direttore dei Nebrodi di cui si dovrebbe occupare urgentemente la Corte dei Conti. Tutto ciò non è avvenuto casualmente, è la conseguenza delle logiche clientelari che hanno contraddistinto le scelte dei governi che si sono succeduti, con l’acquiescenza degli Assessori regionali al territorio, che secondo la legge avrebbero dovuto vigilare sulla buona gestione.
I parchi siciliani sono ormai un ibrido tra comunità montana e pro loco, invasi da bracconieri e fuoristradisti. Caso unico in Italia, sono rimasti esclusivamente in mano ai sindaci con la cancellazione della componente ambientalista e scientifica dopo la soppressione dei Comitati Tecnico Scientifici.
Leggere oggi le lamentele degli amministratori dei parchi che denunciano la mancanza di figure professionali specialistiche, di risorse per la conservazione, di riforme legislative adeguate, appare una beffa. Sembrano lacrime di coccodrillo perché anche le loro nomine sono frutto di quella stessa logica di potere che ha distrutto negli ultimi due decenni la politica della conservazione delle aree naturali protette in Sicilia.
Se si vuole davvero cambiare questo sistema non bisogna semplicemente aggiornare la normativa, è propedeutico proprio “riformare” le politiche di conservazione della natura. Basti pensare che per gli ultimi governi il problema non è mai stato riformare il sistema dei parchi, nonostante il suo evidente fallimento, quanto piuttosto tagliare le risorse delle riserve regionali gestite dalle associazioni ambientaliste. Salvo poi vantarsi pubblicamente dei riconoscimenti ottenuti da queste ultime, tra le pochissime esperienze positive come quella eccellente della riserva dell’isola di Lampedusa.
La legge regionale prevede che il presidente di un parco venga “scelto tra persone che si siano particolarmente distinte nella salvaguardia dell’ambiente”. In questi anni si è fatto l’opposto, da un lato tenendo per anni i parchi commissariati, dall’altro nominando bancari, farmacisti o soggetti in clamoroso conflitto d’interesse, come nel caso della nomina del capo di gabinetto dell’Assessore Regionale al Territorio e Ambiente (che dovrebbe vigilare sulla gestione degli enti parco).
Se il governo Crocetta volesse davvero riformare il sistema dei parchi dovrebbe coerentemente garantire un totale ribaltamento di queste logiche. Così come richiesto da anni dalla Legambiente, si parta dalla previsione dell’evidenza pubblica per la nomina dei vertici dei parchi e dalla restituzione di un ruolo centrale al mondo ambientalista e a quello della scienza. E per lanciare un forte segnale di discontinuità con il passato dovrebbe avere il coraggio di partire da un azzeramento di tutte le cariche.
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